Concluso il Festival di Paesaggio

Sotto la Torre a Sant'Andrea di Conza
Tetti di Sant'Andrea di Conza in una visualizzazione insolita
Tetti di Sant’Andrea di Conza in una visualizzazione insolita

Il Festival di Paesaggio svoltosi a S. Andrea di Conza, è stata occasione di studio e riflessione sui problemi delle aree interne è dei piccoli comuni. È stato fondamentale ribadire che il paesaggio delle aree interne è la vita reale in questi luoghi, in tutti i limiti delle difficoltà attuali, ma anche in tutta la forza di una parte inseparabile ed insostituibile della realtà urbana delle concentrazioni. Il paesaggio delle aree interne è la rappresentazione identitaria e vivente del luogo in cui affondano le radici gli insediamenti densi, ineludibile, necessario ed insostituibile. Ogni concentrazione è in antitesi alla diluizione vivendo ed alimentandosi in essa, nel gioco della dinamica tipica di ogni processo vivente. Il Festival di Paesaggio è stata l’occasione per ribadire anche il valore dell’architettura quale fondamentale attività di espressione e di comunicazione, estranea e nemica a processi di esaurimento e consumo del territorio, capace di una autonomo linguaggio attraverso il quale declina il naturale rapporto di continua ricerca di equilibrio di un individuo rispetto all’ambiente fisico in cui è immerso, in un processo di continua costruzione di senso e di significati per mezzo dell’oggettivazione figurativa negli stessi luoghi.
Il Festival di Paesaggio attraverso la scoperta di angoli, punti di osservazione, aule itineranti lungo le strade di Sant’Andrea di Conza, con la regia della sapienza dell’architetto Mario Pagliaro, ha contribuito a rianimare il paesaggio locale in una nuova funzione specifica, spazio di studio. Attraverso questa esperienza di paesaggio i partecipanti alla scuola hanno accresciuta una carica di energia e di ispirazione, immergendosi nella memoria e nel tempo lungo del processo di produzione di forma in una rilettura profonda e continua del senso del luogo e delle unità semantiche nelle quali nasce ogni processo di trasformazione fisica, consapevoli che il paesaggio è la propria azione: “Il paesaggio si fa non si dice”. Come ogni prodotto d’arte.
L’arte si fa non si racconta e si esaurisce con l’esposizione.
La riscoperta per la ripartenza, nel moto continuo necessario alla vita bisognevole delle pulsazioni tra campi opposti, nel continuo e perpetuo moto della sua essenza.
La narrazione architettonica, attraverso i linguaggi della fotografia e del cinema, nella “Fornace della memoria”, in cui si è allestita una bella mostra di Antonio Bergamino, si è conclamata nello spazio-tempo attraverso la contrapposizione tra vuoti e pieni, bianchi e neri, contrasti e policromie, suoni e silenzio, nelle tracce in cui sedimenta l’unità semantica, il seme della creatività architettonica. Il Festival di Paesaggio è stata anche l’occasione per ritornare attraverso la formazione al tempo migliore e forse più bello della vita di chi meno giovane, in un modo nuovo, certamente più stimolante, in un paesaggio che si rinnova, vivendo la formazione in modo nuovo, come esperienza di ritorno e recupero della memoria più profonda dell’io. Nella opportunità di una professione che si offre per occasione di vita per sé stessa, in quel modo che la afferma nella forma più vera.
Non nascondiamo già un pizzico di nostalgia per un paesaggio che abbiamo attraversato, forse, anche troppo in fretta. Un ringraziamento profondo a tutti i compagni di paesaggio e soprattutto alle abilissime guide e organizzatori e senza tralasciare la nobile ospitalità di S. Andrea di Conza.


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