Il Festival di Paesaggio (non) è finito

In Largo Castello

Il Festival di Paesaggio è finito

La notte risucchia la luce con la sua gola di monti

08 settembre 2019

Francesco Iannicelli
Consiglio Direttivo della Pro Loco Terra di Sant’Andrea

Il Festival di Paesaggio
Il Festival di Paesaggio

Ora che tutti sono andati via, le strade sono vuote, il silenzio regna sovrano, il viavai e i tumulti sono un pallido ricordo. Tutto è ritornato alla “normalità”.
Sant’Andrea di Conza è di nuovo un “paese presepe” che si risveglierà magicamente una settimana di agosto per poi ridiscendere nel torpore più completo. Siamo rimasti “tu ed io, terra”!
E invece no.
Il Festival di Paesaggio ha lasciato il segno: un segno indelebile nell’anima del paese. Il paese vive, incamera, recepisce, ingloba tutto ciò che gli passa dentro. Il paese ascolta, gioisce, piange, conosce le sue viscere e i suoi inquilini. Sa che c’è stato qualcuno, sa che si è parlato di lui, ha avvertito di essere stato il protagonista di questa esperienza.
Ma cosa è accaduto il 6, il 7 e l’8 settembre? L’ordine degli architetti, nella figura di Mario Pagliaro, ha organizzato un fine settimana dedicato al paesaggio (interno e interiore) e Sant’Andrea ha ospitato convegni, seminari e rappresentazioni teatrali per un pubblico proveniente da diverse parti d’Italia. Tutte le associazioni del territorio hanno dato una mano in questa impresa guidate dalla Pro Loco Terra di Sant’Andrea. Descrizione efficace ma assolutamente riduttiva: come spiegare quello che si è vissuto? Come mettere in parole la sensazione di essere diventati un solo immane ente fatto di alveoli, gradinate, arterie, asfalto, sangue e cemento? Ebbene sì: gli studenti, lo staff, i passanti, gli avventori casuali, i bambini, gli attori sono diventati parte di un organismo che respirava all’unisono con il paesaggio, che era il paesaggio stesso. In un attimo si è tornati ad un periodo di vita ancestrale in cui il confine sé – altro era labile e ognuno sentiva di far parte di un insieme indiscriminato, di una coscienza collettiva in cui il linguaggio era inutile, pleonastico, dove nessuno aveva bisogno di parlare per comunicare la propria esperienza. Il mito ha scalzato la ragione per qualche attimo ed ogni cosa è scivolata nel suo posto più adatto grazie ad un’armonia collettiva fatta di voci, suoni, vento e parole. Ed ecco che Mario Pagliaro non era solo l’organizzatore del festival, ma un personaggio mitico, che, con sembianze semidivine, con il suo sorriso contagioso e la sua verve incitava gli astanti a mettersi in gioco e a partecipare al paesaggio. Pietro Vigorito nella sua sconvolgente ubiquità con il suo sudore si è accertato che tutto andasse per il meglio e ha coordinato tutte le associazioni nel migliore dei modi. Iovogliorestare, Lu Fauciòn, il Forum dei Giovani, M. M. Iannicelli, l’Archeoclub, la Fidapa hanno lavorato incessantemente con una disciplina stupefacente; sono state delle voci uniche che si sono sintonizzate in una musica perfetta. Il sindaco Gerardo Pompeo D’Angola e l’amministrazione comunale tutta hanno dato la loro completa disponibilità e hanno permesso che questo sogno (pur rimanendo tale) divenisse realtà. I relatori con la loro immensa esperienza sono riusciti a trasmettere il loro pensiero, le loro preoccupazioni, i loro progetti nel migliore dei modi, stimolando il dibattito e il confronto su temi cruciali come il riuscire a combattere lo spopolamento e preservare la bellezza del nostro territorio. Il clan H, ancora, con il suo “Theatrum Repente” e la rappresentazione sotto la torre è stato capace di aprire il vaso di Pandora delle emozioni. Il teatro, infatti, magistralmente interpretato da Salvatore Mazza, uomo di grandissimo spessore artistico che rifiuta l’appellativo di “maestro” che palesemente meriterebbe, e dagli attori tutti è arrivato al cuore di ciascuno dei presenti. Ha portato gli spettatori in un non luogo ad osservare non solo le scenette, i dialoghi e i monologhi, ma a fare i conti con il proprio sé, le proprie paure, le proprie riflessioni, a guardarsi dentro in una esperienza a tratti mistica e a tratti onirica. I bambini, accolti nella libreria “Tuttolibri”, sono stati in grado di dare il via al fine settimana e di chiuderlo con le loro magnifiche interpretazioni del paesaggio, con storie a metà fra la concretezza più pura e l’immaginazione senza redini tipica della loro età.Teresa, con la sua calma contagiosa e la sua classe ha cucinato e servito insieme al suo staff delle pietanze gustose e largamente apprezzate da tutti. Se “l’uomo è ciò che mangia”, di sicuro i visitatori ora sono degli uomini magnifici. Gli studenti della Summer School, infine, sono stati recettivi, curiosi, vogliosi di imparare e di condividere non solo i propri punti di vista, ma anche la propria storia e le proprie vite con i ragazzi del posto. Le loro risa, i loro sorrisi, le loro battute e i loro interventi sono rimasti appesi negli angoli delle vie, stesi nei vicoli, adagiati sulle nostre pietre e impressi in noi tutti.
Ora che tutti sono andati via, le strade non sono vuote, il silenzio è pieno di voci, suoni, vento e parole, il viavai e i tumulti vivono e rivivono. Questa è la “normalità”. Sant’Andrea di Conza non è un “paese presepe” che si risveglierà magicamente una settimana di agosto per poi ridiscendere nel torpore più completo. Non siamo rimasti “tu ed io, terra”! Ci sono anche Giovanni, Piero, Ilaria, Adriana, Giovanni, Mariella, Fabio, Rossella, Marco, Michele, Pietro, Mario, Francesco, Maria Laura, Rossana, Teresa, Gianpiero, Luigi, Anna, Antonio, Gerardo, Alessio, Maria Antonietta, Vincenza, Gaetano, Andres, Teresa, Miriangela, Gianvito, Alessandro, Peppino, Maria Carmen, Rachele, Pompeo.
08 settembre 2019.
La notte risucchia la luce con la sua gola di monti.
Il Festival di Paesaggio non è finito.


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