2020: L’Incoronata a casa

La festa dell'Incoronata
La festa dell'Incoronata
La festa dell’Incoronata

L’ultimo sabato del mese di aprile è arrivato. Anche quest’anno, nonostante i problemi, le incertezze, le paure di un infausto 2020. Un sabato per niente ordinario a Sant’Andrea di Conza. È il sabato con la “S” maiuscola della processione al santuario della Madonna Nera, è il sabato dell’Incoronata. Da tempo immemore in questa data (che varia di anno in anno) si celebra una festa particolare, ci si incontra presso la chiesa del piano dell’Incoronata e la fiera inizia: animali, cibo, indumenti, sacro, profano. Tutto combacia come i pezzi di un puzzle, la popolazione si riunisce in un senso di comunione d’altri tempi. Le scampagnate organizzate con largo anticipo, le goliardie della notte prima, le tende montate nei pressi della chiesa, le persone che, scese con la processione del venerdì, torneranno a casa più di ventiquattro ore dopo. Ma la fatica non si sente, gli acciacchi ci abbandonano, le endorfine ci inondano, il dolore e la stanchezza della notte brava si presenteranno poi, quando la magia sarà finita. Fino ad allora non c’è spazio per una pausa, non si può riprendere fiato, si vive fino alla fine. Si vive insieme. Con e attraverso gli altri, la natura, gli animali, i parenti, gli amici e persino i “nemici” che oggi non sembrano poi tanto antipatici.

I ricordi si addensano in ciascuno di noi. Nessuno può dimenticare le mattinate di inizio primavera quando, da bambino, imboccava la discesa ripidissima. Il vento addolcito da un barlume di estate, le nubi minacciose in lontananza che non facevano più paura, il sole che si affacciava e recuperava il suo annebbiato calore, l’asfalto di nuovo bollente, la vegetazione ancora rigogliosa, l’odore della terra e del grano. Si scendeva a rotta di collo per raggiungere quel luogo agognato, le piccole gambe stanche per un viaggio che sembrava eterno, una distanza che appariva siderale. Ed eccola la chiesa in lontananza: quasi spariva fra le bancarelle, si confondeva fra gli ombrelloni, annegava nel mare d’erba che aveva alle spalle. La vista della meta ridava coraggio ai nuovi avventori. Quando si cominciavano a scorgere le prime macchine parcheggiate sul ciglio della strada, si aveva la certezza di essere arrivati a destinazione. Pur avendo lasciato la propria casa tempo prima, anche lì si ritrovava un’atmosfera stranamente familiare, una carezza domestica, una dimora nuova ma antica allo stesso tempo, una casa fuori di casa. Un interminabile corridoio: un pavimento di asfalto, un tetto di ombrelloni, pareti di biancheria, utensili da cucina, attrezzi per il fai da te, gabbiette con animali di ogni genere, polli arrosto, patatine fritte, sottaceti e capi di vestiario. E alla fine si arrivava alla chiesa: austera e accogliente, con le porte spalancate e un mare di gente che entrava e usciva. Sapeva cogliere le preghiere di ognuno, sapeva infondere pace anche fra le urla festanti, rimaneva immobile, ferma, cerea come per dare un senso di appartenenza e stabilità a tutti, una sicurezza ancestrale. Poi quei bambini entusiasti e incontenibili sono cresciuti: il piano dell’Incoronata non è poi così distante dal centro abitato, le bancarelle non sono così tante, “forse stamattina continuo a dormire”. La magia, tuttavia, seppur mitigata, non è mai sparita del tutto. La meraviglia che è stata provata dai bambini (e prima dai nostri genitori e dai nostri nonni) in questa occasione non ci abbandona mai del tutto. Rimane dentro di noi, inscritta nel nostro DNA, tramandata dagli avi, dalla collettività santandreana. In noi ci sono tutte le sensazioni archetipiche di meraviglia di chi ci ha preceduto che continuano a vivere nel mondo di oggi, che si mescolano con le nostre emozioni.

Quest’anno, però, nessuno potrà rivivere quelle emozioni. Quest’anno, da buoni cittadini italiani, rimarremo tutti al nostro posto. Vivremo la fiera dell’Incoronata da casa. Non sentiremo gli schiamazzi dei bambini che giocano a pallone, le grida degli ambulanti, non ci siederemo sull’erba sotto l’ombra di un imponente albero, non verremo travolti dai colori resi più vivi da un sole sempre più sicuro. La strada, una volta stracolma di gente e incorniciata da auto di ogni grandezza e cilindrata, sarà vuota. La natura sentirà la mancanza di uno stuolo di gente che in quel giorno sa rispettarla. Per la prima volta l’ultimo sabato di aprile il piano dell’Incoronata sarà deserto, spoglio. Lo richiede la legge e il buonsenso: bisogna sconfiggere un virus letale e mortifero, un virus che ha distrutto la nostra routine e che ha modificato radicalmente le nostre abitudini. Il Covid-19 è riuscito a distruggere anche questa tradizione? No. La fiera dell’Incoronata non verrà mai distrutta, non fino a quando ci sarà solo un cittadino di Sant’Andrea. Questa festa vivrà in eterno nel cuore di tutti noi. Troverà la linfa vitale negli sforzi titanici dei volontari delle associazioni che combattono per rinnovare di anno in anno questo appuntamento. La Pro Loco Terra di Sant’Andrea si impegna nel far rinascere lo stupore infantile tipico dell’Incoronata sia il venerdì, sia il sabato con stand di prodotti tipici della tradizione come le uova sode e il baccalà fritto. I ragazzi di “io voglio restare in Irpinia”, il forum dei Giovani e la comunità tutta hanno organizzato vari eventi nelle edizioni precedenti e di sicuro continueranno in futuro. Ognuno di noi ha il suo ruolo: dall’ambulante che vende al bambino che gioca, dal parroco al vecchietto che si commuove guardando da lontano il piano affollato.

Sabato staremo a casa, magari distesi sul nostro letto; ma chiudendo gli occhi, ci ritroveremo laggiù, nel prato della chiesa, con un caldo inaspettato, una gradevole brezza quasi estiva, le voci dolci dei nostri concittadini, le parole rassicuranti di don Donato che volano nell’aria tersa, le speranze e le paure dei fedeli, il profumo di un futuro meno infausto. Proprio come nel giorno della fiera si percepisce che l’inverno è ormai finito e la bella stagione sta arrivando, così saremo sicuri che dopo la notte così funesta e buia del Coronavirus, il sole tornerà a sorgere. E ci rincontreremo sul piano dell’Incoronata, quasi come fossimo a casa.

Francesco Iannicelli
(Consiglio Direttivo Pro Loco Terra di Sant’Andrea)


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